|
|
|
Bisca
- Manca solo un attimo (Cni/Rai Trade)
La spinta a continuare a resistere, a non lasciarsi corrompere
e a rimanere sempre e comunque fedeli agli ideali di sinistra,
quella vera, arriva anche dalla piacevole notizia che i Bisca
continuano a fare dischi.
Il gruppo napoletano, seppure non venda molto, riesce comunque
a strappare contratti a qualche etichetta indipendente, anche
se per ogni disco deve ricominciare a sbattersi per trovarne un'altra.
Non a caso Luca O'Zulù Persico dei 99 Posse ha dichiarato
che chi gli ha insegnato ad essere realmente indipendente è
stato proprio Sergio Maglietta, cantante, sassofonista e fondatore
con il chitarrista Elio Manzo dei Bisca. Con "Manca solo
un attimo" i Bisca continuano sulla strada dell'elettro-funk
intrapresa con "Altrove". Anche in questo i Bisca fanno
la differenza, perché se in questi ultimi anni stanno cercando
di farci ricordare i motivetti odiosi del peggior pop anni '80
che avevamo coscientemente rimosso, il combo partenopeo riprende
alcuni dei migliori spunti musicali di
vent'anni fa, miscelandoli ed amalgamandoli con il loro stile
inconfondibile di funky rabbioso. Sempre attuali, ma altrettanto
introspettivi e profondi, i Bisca di "Manca solo un attimo"
se da un lato si augurano in "Giù il tiranno"
che il dittatore del mondo in carica faccia la stessa fine di
quel porco di Mussolini, vale a dire appeso a testa in giù,
dall'altro con una poetica struggente ci lasciano l'amaro in bocca
nella nostalgica "1977" dove vengono ricordate quelle
braccia pulite, prive di buchi di eroina, che poco dopo i servizi
segreti avrebbero diffuso tra i giovani per uccidere il movimento.
Passano gli anni, ma Maglietta non si stanca di lottare per una
pace che non è remissiva ("Pace") e per continuare
a resistere ("Non contate su di me"). Intrigante, poi,
il testo di "Paura", introdotta da un breve riff di
tastiera di stampo Deep Purple, che fa riflettere sulle paranoie
indotte sulla popolazione dai potenti per avere mano libera nel
controllo. Mi fermo altrimenti rischio di essere eccessivamente
prolisso, anche se un disco dei Bisca merita sempre tanto spazio.
Vittorio Lannutti
Bartòk - Few lazy words (Santeria)
A due anni da "The Finest Way To Offend You", l'entusiasmante
esordio della band di Varese, rieccoci a spendere apprezzamenti
per i Bartòk. "Few lazy words" è forse
nell'insieme meno "sinistro" e angosciante del suo predecessore,
ma in compenso suona più lineare e compatto. Canzoni attraversate
da scariche elettriche e turbolenze emotive, intrise di sentire
blues e raffinatezze classicheggianti (il progressive, in alcuni
passaggi è dietro l'angolo).
Suonano in taluni momenti come i Bad Seeds più malati e
tenebrosi ("Double Spoiling", "The girl I used
to know"), in altri s'incupiscono attorcigliandosi su architetture
sonore scheletriche, come piacerebbero ai Morphine, oppure preferiscono
abbandonarsi a vigorose cavalcate post punk ("Doublie Spoiling").
In ogni caso l'alchimia tra gli strumenti è praticamente
perfetta, e il piano e il violoncello (non ci sono chitarre, tranne
che in "Walking my blues away", dove compare come ospite
Giulio Favero) sono costantemente in primo piano a dettare gli
umori dei brani, sottolineati poi dalla corposa sezione ritmica.
Ciliegina sulla torta, "Late Fragment", una ballad da
brividi, che dimostra come la band si riesca a destreggiare senza
problemi su registri diversi. La fatidica prova del secondo disco
superata a pieni voti, non c'è che dire.
Daniele Lama
Bohemians - Be-Out (Skipping Musez)
Con a capo quello Scanna che dalla metà degli anni
ottanta porta in giro il verbo del garage, prima con gli Sciacalli
e poi con i Vip 200, i Bohemians ci propongono un disco molto
variegato e frizzante. "Be-Out", infatti, è denso
di riferimenti dal miglior garage rock e dintorni, ben miscelati.
"Be-Out" mette in luce il debito che i Bohemians hanno
nei confronti di gruppi come Velvet Underground, Stooges, Cramps
e Smashing Pumpkins. Prendete, ad esempio "Everyday, Everynight,
Everyhour" dove il brano progredisce da un iniziale sound
REMmiano verso la furia frustrata degli Stooges, o la stessa "Happy
Prince", ballata che ricorda le soluzioni californiane dei
Motorpsycho di due anni fa.
"I'd Like to Be" è forse il pezzo migliore, capace
di fondere in due minuti e due secondi la psicosi ipnotica di
Stooges, Cramps e Velvet Underground, mentre il sax in corsa di
"Nicky" ci riporta alla mente lo strano connubio grunge-r'n'b
degli ultimi Mudhoney. Le ballate "Candy Lovers" e "No
Way Out" ci portano dalle parti delle infinite tristezze
urlate di Mister Corgan. Con questo disco complesso e ottimamente
suonato auguriamo a Scanna un successo che sarebbe più
che meritato.
Vittorio Lannutti
Le Braghe Corte - Another Ball In The
Hole (Alternative Produzioni)
Che Bologna sia sempre stata una vera fucina di bands rock&roll,
punk e new wave soprattutto tra la fine dei '70 e gli '80 non
è un mistero per nessuno. Ma questo nuovo millennio sembra
segnare per la città un rinascimento in tal senso: molte
le nuove bands in giro che cercano un loro suono, si sbattono
per concerti, si autoproducono.
Dopo i Third Stone From The Sun ( una piacevolissima sorpresa
per me), ecco che mi capita tra le mani Another Ball In The Hole,
ottimo primo cd autoprodotto di Le Braghe Corte, una chiassosa
band di sette elementi che hanno due passioni in comune nella
loro vita : il biliardo e lo ska, entrambe visibilissime, la prima
nell'artwork e nelle foto del cd, la seconda nella struttura dei
brani di Another
, tutti letteralmente inzuppati in quei
scoppiettanti e contagiosi ritmi di scuola jamaicana che già
tanti anni fa gruppi storici come Clash, Selecter, Specials riportarono
clamorosamente alla ribalta.
Le Braghe Corte sparano ben tre fiati, due trombe ed un trombone,
nel loro ska tirato che può contare sulle ritmiche grintose
di due chitarre dal tiro punk molto americano. Another Ball In
The Hole vive infatti di uno ska-punk dal suono esattamente a
metà tra quello storico inglese di cui sopra e quello americano
più nervoso.
Un accorto e melodico uso delle voci ed una notevole compattezza
di tutte queste componenti,soprattutto in alcuni episodi dell'album
come I Fall In Love ( with every girl i see), Johnny Badile,Philadelphia.
Super Hero, ci dimostrano come questo giovane combo sia già
notevolmente maturo, in studio come nelle esibizioni dal vivo
di cui si dice un gran bene. Le Braghe Corte, una splendida realtà
della scena ska-punk italiana, sono davvero l'incarnazione
del 'fun and feeling' !
Pasquale Boffoli
www.lebraghecorte.com
www.venusdischi.com
Babalot - che succede quando uno muore
(Aiuola)
C'è una stanza piena di chitarre e amplificatori, computer
e tastiere.
In quella stanza si arriva attraverso uno stargate. Oltre i limiti
dello spazio e del tempo, lì si sono ritrovati Sid Barrett,
il Beck di Midnight Vulture e Rino Gaetano: hanno cominciato a
suonare, hanno registrato e hanno abbandonato i nastri incuranti
dell'uso che qualcuno ne poteva fare.
Sei romani hanno trovato quei nastri, se ne sono appropriati,
hanno imparato a suonare tutti i pezzi e li hanno registrati un'altra
volta: per la siae quelle canzoni appartengono a loro.
Cantare la propria malinconia sotto l'acqua, solo che non piove:
si è sotto la doccia e la luce è tenue perché
filtrata dai vetri del bagno; riuscire a cantarla e a farla cantare
questa malinconia, trovando un accenno di sorriso, magari con
soltanto l'angolo della bocca non è cosa da tutti. Teneteli
molto in considerazione questi Babalot, chissà cos'altro
hanno trovato.
www.aiuola.it
Massimiliano Zambetta
Bomba Bomba - Cowboy (Cucca&Racha)
C'arifanno i B.B., cardinali sconsiderati dello psuedoraggadub,
che si travestono da Tex Willer versione toscana e puntano la
pistola a salve contro l'infettiva invasione lessicale yankee
("Ok", "Check up", "Fastfood", "Weekend",
ecc.).
Tra il sibilare innocente di pallottole di gomma, il genuino duo
gode nel rammentarci che, oggi come ieri, gli italiani continuano
esterofili a masticare quintalate di gomma americana. E la metamorfosi
in cowboy del popolo una volta spaghetti-vitellone-baffineri sarà
quindi ineluttabile.
Dopo aver dato alla luce lo spiazzante EP "Buona Pesca",
la label Cucca&Racha non rinnega affatto l'intrepida vocazione
alla flagellatio spiritus, stampando l'ultimo e non ultimo inno
educativo fatto in casa della coppia Orlandini-Fioretti - cantastorie
postmoderni col cinturone - che tanto ci piace, che tanto divide
i critici: da una parte quelli che prendono sul serio ridacchiando;
dall'altra coloro che prendono a calci, imprecando. Dove vi porta
il cuore?
Sandro Chetta
Breakfast - s/t - (Santeria/Audioglobe)
Premessa: non m'ispira molta simpatia una band che decide di incidere
il proprio lavoro "forzatamente lo-fi" (quanti gruppi "forzatamente
a bassa fedeltà" per necessità e non per scelta sognano di registrare
in maniera più dignitosa che con il loro scassatissimo quattro
piste?) per riprodurre le atmosfere tipiche dei dischi degli anni
'60. Ma si tratta di una mia personalissima perplessità nei confronti
della ricerca "all'indietro" e del gusto retrò più sfacciato,
perché, in sostanza, quello dei Breakfast è un disco veramente
degno di lode. Ballate inzuppate in concentrati di psichedelia
dal sapore sixties, melodie che strizzano l'occhio a Beatles e
Beach Boys, ma anche a certe produzioni brit degli anni '90 (non
dovevo dirlo, questo?), rock 'n' roll e pop d'autore per tutti
(o quasi...) i gusti. I due Breakfast (Enrico Decolle e Maurice
Andiloro) si fanno dare una mano da una serie di ospiti che aggiungono
spunti personali molto interessanti: Cristina Donà e Sara Mazo
(Scisma) con le loro voci rendono ancora più affascinanti, rispettivamente,
"Ginestra" e "Closing Time"; preziosi, inoltre, il violoncello
di Roberta Castaldi e il violino di Dario Ciffo degli Afterhours.
E' proprio la band di Manuel Agnelli che più volte è richiamata
alla mente ("#3" sembra uscita dalle session di "Hai paura del
buio?"), tanto per confondere un po' le idee sulle coordinate
stilistiche di questo disco (del resto Decolle, con i suoi Alias
ha suonato di supporto agli Afterhours nel loro recente tour...e
i conti tornano). Eppure il contrasto tra gusto "nostalgico" e
sensibilità "moderna" non crea eccessive stonature. Non si tratta
di una semplice attività di "copia e incolla", ma di un lavoro
con una sua personalità abbastanza definita, e magari (sto sognando?
sto delirando?) un certo potenziale commerciale.
Daniele Lama
Daniele Brusaschetto - Bluviola - (Radon
Studio)
Gradito ritorno per uno dei protagonisti della nostra playlist
annata 1999. Allora fu il lucido delirio di "Mamma Fottimi" a
scuotere i nosri circuiti nervosi con le sue scariche elettro-dark-indusrial
ultraintrospettive degne dei primi, malati, Sonic Youth. Allora
era il nero il colore-tema dominante dell'opera - come anche la
cover art del disco suggeriva non poco esplicitamente. Il "Bluviola"
che dà il titolo all'odierno capitolo non casca così per caso.
Non che in questi nove bani si faccia il pieno di allegria, questo
potete scordarvelo subito, ma non cadiamo in errore nel percepire
come più "intelligibili" questi 40 minuti di musica. Si registra
cioè un seppur minimo approssimarsi alla forma canzone, a una
qualche melodia tanto negli episodi più vibranti - la opening
track 'La Teoria Del Flusso' su tutte - quanto in quelli meno
tesi, una volta teatro di raggelanti nudi dell'anima e ora intensi
ed emozionanti momenti di raccoglimento - come la title track,
posta in chiusura. Attenzione perché questa disamina non implica
affatto uno scadimento artistico, ma un'evoluzione riuscita nonchè
necessaria ad evitare un'inutile duplicazione del concept sonoro
del precedente lavoro, che, per quanto notevole, non abbisognava
di ulteriore approfondimento. L'inquieta linfa ispirazionale di
Daniele è in frenetico movimento e questo, in vista del tour negli
States che lo vedrà impegnato a ottobre, gli tornerà sicuramente
utile a guadagnarsi anche lì la meritata gloria artistica. Roberto
Villani
Brychan - Peace Of Mind - (Cyc Promotions)
Cristoforo Colombo ha scoperto che la terra è rotonda. Galileo
ha aggiunto che gira su sé stessa. Ma che girasse al contrario,
proprio non se n'era mai accorto: se vivessimo in un mondo perfetto,
infatti, "Peace Of Mind" sarebbe stata la colonna sonora perfetta
dell'estate appena trascorsa. Ritmo travolgente, un refrain irresistibile,
una melodia accattivante: la freschezza, la gioia e la positività
che sprizza da ogni nota del brano comunicano la stessa piacevolissima
sensazione di un tuffo nell'acqua gelata del mare durante il ferragosto
più torrido della vostra vita. La forza di Brychan sta proprio
in questo: nella sua capacità di coniugare ispirazione ed orecchiabilità,
ricerca e fruibilità, che siano le atmosfere solari di "Our Aura
Show" o quelle più intimiste e dolenti di "Shadows Play". Che
non sia tutto un bluff ci pensa l'inedito dal vivo Little bitter
skirt a chiarirlo (impreziosito dai ricami di chitarra di Randy
Bernsen), che dimostra tutta la forza comunicativa e la bontà
della proposta del cantautore gallese. Inutile andare a scomodare
i vari Tim e Jeff Buckley (coi quali non mancano certo le affinità)
quando la musica ha un cuore che batte per conto suo. Se anche
voi ne avete uno, quest'inverno ci penserà la voce di Brychan
a scaldarvelo. Enzo Zappia
Bron Y Aur - Between the 13 & 16 -
( Beware/Burp/Wallace )
Ha basi concettuali nell'improvvisazione tout court il nuovo capitolo
dei Bron Y Aur, licenziato stavolta dalla sacra triade Burp, Wallace
e Beware. E l'esperimento è pienamente riuscito a giudicare dalla
freschezza con cui queste otto tracce scorrono e si sviluppano
nei tortuosi gran canyon del free rock. Ad un primo ascolto sembrerebbe
che i nostri abbiano compiuto una svolta netta rispetto al primo
omonimo disco che trasudava di psichedelia ma a ben ascoltare
i due dischi sono legati a filo doppio almeno nei punti di partenza(
pischedelia e free form) per poi approdare su terreni-altri. Scorci
di una matrice seventies sono ancora ben visibili nella lunga
ma inesorabile evoluzione di " Das Ure Loch" e nell'arpeggio di
chitarra acustica (sembra un campione preso da un qualsiasi disco
degli Zep tanto è rappresentativo) che si fa strada, a forza,
nella settima traccia-dal-titolo-impossibile-da-scrivere, tra
le incursioni dei fiati monotonali di Andreini e Ricci, ma sono
solo le ultime resistenze ad una metamorfosi che con lo scorrere
del disco richiama agli ultimi Don Caballero o agli A Short Apnea,
per rimanere a casa nostra. Non a caso, dietro il mixer siede
Fabio Magistrali che degli ASA è lo "smanettatore" principale.
Metamorfosi quindi che avviene lasciandosi semplicemente andare,
e il risultato si "porta il cervello" con estrema naturalezza
e serenità. "Between.." si dispiega piano piano, si srotola con
la stessa piacevole lentezza con cui, ad esempio, si aggiungono
i tanti piccoli particolari che fanno bello un quadro. Francesco
Imperato
Fausto Balbo - Zero - (Snowdonia)
Uscito lo scorso anno per Snowdonia, il presente lavoro di Fausto
Balbo rappresenta una interessante fusione tra l'elettronica contemporanea
e una tradizione di rock spaziale che guarda al krautrock, e alla
psichedelia di inizio anni '70. Forse ho confuso ancor di più
le carte, ma in effetti si ritrovano tutte queste istanze nelle
note e nei suoni che compongono i lunghi brani strumentali di
questo disco nei quali, come vuole la sopraccitata tradizione
progressiva, la maniera prevale sull'emotività. Musica asettica
quindi, ancor prima che eterea, ma che può vantare un solido concept
di fondo. L'opera si presenta infatti come la trasposizione musicale
del romanzo "L'isola di cemento" di J. G. Ballard e da questo
punto di vista ritengo che Balbo sia riuscito nel suo intento
dato che le sue musiche bene si prestano come accompagnamento
di quella storia. Più in generale si respira lo stesso clima di
tragica apatia urbana che ha reso celebre Ballard (autore anche
di "Crash"). Un'avvertenza. Io il libro lo avevo già letto e non
ho potuto fare a meno di tenerne conto nel mio giudizio. Non so
quindi fino a che punto questo cd possa "funzionare" anche autonomamente.
Contatti: http://snowdonia.interfree.it
Massimiliano Osini
Bugo - Sentimento Westernato - (Wallace/Bar
la muerte/Beware ) Cacchio, l'ultimo di Bugo. Ascoltiamolo.
(Passa il tempo che passa, necessario a perlustrare i 14 componimenti).
Responso: una conferma. "Si ma..." - mi redarguisce l'uomo della
strada, l'acquirente in ansia - "...in positivo o in negativo?".
Una conferma! gli urlo. Limata la bassa fedeltà del disco precedente,
"La prima gratta", - grazie anche al brillante passaggio alla
Wallace (coraggiosa promotrice di potenziali "talenti") - il nostro
ha conservato intatta la strisciante vis folk-rock, tappeto sonoro
azzeccatissimo per sciorinare, assonnato, le sue ficcanti dissertazioni
speculative sui grandi temi del Cosmo e dell'Esistenza: l'amore
in deficit, l'isolamento, esiste un dio? (lo voglio anch'io),
le assuefazioni etiliche, il dualismo platonico... Già Bugo, (che
per me è ormai l'acronimo di B.allate U.milmente G.iovani, O.ggi),
il Joe Tempesta piemontese (chi è Joe Tempesta? niente, un songwriter
delle mie parti...); colui che, secondo il recensore del precedente
lavoro, potevi, incontrandolo per strada, abbracciare o- a scelta
- intofare di mazzate; il compiaciuto "LOSER" che ha fatto la
fortuna di Beck e ha trovato voce e sfogo a Novara (sei bella
come il dì/che mi hai mollato/un vegetale così/sono diventato
(...)); Cutugno che studia da Cohen, poi si scoccia e va ad affogar
le pene all'osteria del gallo d'oro (vedo benissimo Bugo tra Homer
e Barney al bar di Bò. Da segnalare a Groening ). T'amo pio Bugo
e, nonostante sia costretto a centellinare le dosi del tuo giullaresco
genio (soprattutto per evitare spiacevolezze tipo la vicina che
bussa e fa: "ma che cazzo ti stai sentendo?"), sappi che, quando
posso, ne assaporo amabile l'annichilente leggiadria ballad, figlia
solo di rarefatte foschie padane: perciò mi batterò sempre - lo
prometto - affinché rime baciate come "con questo rock/ ballo
che è uno shock", entrino con buon diritto nel dorato panorama
cantautorale del Belpaese. "Cos'è la felicità?"- mi domanda allora
Seneca dall'Olimpo dei Giusti -, ed io pronto: una sera a cena
con Bugo, Bukowsky e il ministro Gasparri.
Sandro Chetta
Belle & Sebastian - I'm waking up to
us - (Jeepster)
I Belle & Sebastian continuano con la sana abitudine di pubblicare
questi simpatici mini cd. Dischetti che, oltre ad aiutare i fan
ad ingannare l'attesa per l'uscita del prossimo disco (imminente,
pare), ci mostrano le "diverse facciate" della band di Glasgow.
I Nostri, infatti, ancora una volta si divertono a giocare con
i suoni, i generi, le citazioni (ricordate l'irresistibile beat
60's di "Legal Man"?), concedendosi delle digressioni, dei "divertissements",
che probabilmente non troverebbero mai posto sui "veri" dischi.
Il primo brano, "I'm waking up to us", cita il tono malinconico
degli Smiths (di cui Stuart Murdoch è fan dichiarato), ed è immersa
in un tripudio di archi. Segue "I love my car", pezzo da orchestrina
swing anni '30, assolutamente fuori dal tempo, semplicemente bellissima.
"Marx and Engels", in chiusura, è invece una dolce ballad più
vicina al "solito" stile della band. Il tutto finisce troppo presto,
e premere di nuovo il tasto "play" è un gesto spontaneo... Daniele
Lama
Bebe Rebozo - Voglio essere un ninja
e vicere nell'ombra - (Furt Core)
I Bebe Rebozo sono catastrofici! Eh sì una band fuori dal comune,
trasversale ed epilettica. Il trio è di stanza a Teramo, sicuramente
non è il centro della musica free noise italiana, e grazie alla
Furt Core records stampano queste dodici tracce di furioso noise
core abrasivo e urlato. Il titolo dell'album è tutto un programma,
la band si prende gioco di noi ma ha una buona dose di autoironia
che traspare dai testi quanto dalla musica nevrotica e disinibita.
Un secondo album che ci consegna un nuovo gruppo per questa scena
italiana ancora priva di un mercato con lo zoccolo duro. Meno
male che esistono nuovi episodi come questo dei Bebe Rebozo (grande
nome!) Giulio Di Donna
Barrato - 'mmerrecano siupesciò - (Soul
Craft/Vacation Haouse)
Barrato è l'evoluzione dei Crunch di Roma, e questo, per chi è
un attento conoscitore dell'indie italiano, dovrebbe far ben sperare
e intuire su quali coordinate musicali ci stiamo muovendo. Sempre
un trio, sempre Vinicio Amici che tortura chiatarre e masturba
microfono. Power trio da Quicksand style, Helmet rozzi e certi
suoni post rock che danno quella patina intellettuale che non
guasta mai. 'mmerrecano siupesciò (che titolo ragazzi, che titolo!)
è un mega concentrato di blues roots core, selvaggio suono metropolitano
capce di spegnere le valvole dell'ampli e rilassarsi in suoni
calmi e viscerali pronti a riesplodere senza compromessi. Presto
l'intervista su queste pagine! Giandino Daino
Falter Bramnk - Reflux - (Snowdonia)
+
Maisie - Music Is a Fish Defrosted With a Hair-Dryer - (Snowdonia)
In effetti il paio che la Snowdonia ci ha mandato - periodica
nonchè sadica consuetudine ormai - è una doppietta a firma Falter
Bramnk, visto che i brani del disco dei Maisie sono da costui
eseguiti. Ma chi è Falter Bramnk ? Il compassato e bonario signore
con acconciatura impiegatizia in posa sulla copertina di "Reflux"
con un tastierone a 6 piani davanti a sé ? O il baffuto e occhialuto
afro-man con gilè cravatta spinellone e nient'altro immortalato
in quarta di copertina ?
Temo sia una delle solite operazioni di depistaggio informativo
a base di estetica-spazzatura messo in scena dalla simpatica Cinzia.
Chiunque sia, fisicamente, Falter Bramnk fa sue tutte le mansioni
"sonatorie" - con l'eccezione del sax alto in un paio di brani
- del primo dei due dischi in questione. Disco che è una gradevole
(ma va' ?!) sequenza di salti "di palo in frasca", tra contemporanea
avant-garde e rumoracci analogici di quarta mano. Peccato per
chi, come la simpatica (e due! alla terza chiederò la sua mano)
Cinzia, si aspettava che coniassi nuovi insulti.
E peccato per me che, nonostante ripetute somministrazioni di
Snowdonia releases, non sono ancora avvezzo abbastanza a queste
acrobazie sonore per discorrerne compiutamente. Ad ogni modo,
se questo non è sufficiente per castigare le vostre tasche e mettere
un'ipoteca sul vostro prossimo sfratto per rumori molesti, a voi
la concezione della musica secondo Maisie:
un "pesce scongelato con un asciugacapelli", come ribadisce Marco
Pustianaz nella sinistra nenia-intro parlata. Con nuovo, grande
sconcerto della simpatica Cinzia (tre! la tua mano, Cinzia - tieniti
il resto), anche questo ellepì brilla di felici intuizioni (o
sarà merito ancora del misterioso Falter ?), a cominciare dalla
opening-track (quella vera e propria), musica moderna eseguita
con la disinvoltura di un Piccioni o Trovajoli (niente sfratto,
quindi, tranquilli - al massimo una cameretta imbottita).
Ed è con gioia iconoclasta e spazza-luoghi-comuni che il disco
prosegue, su coordinate relativamente "ascoltabili" (i Maisie
di "Do You Still Remember When You Found Your IUD In My Nostril
?" erano davvero indigeribili) benchè sempre di matti da legare
si tratti: 'Resta di Stucco, E' un Barbatrucco' mescola jazz sopraffino,
modernariato elettronico e capitomboli sonori alla Spike Jones,
'I'm Swinging' è, come già suggerisce il titolo, uno swinghetto
pieno di ipnotismi e sortilegi sonori, il cantato in genere traballa
sul pentagramma peggio di un ubriaco. Aspettiamo ansiosi, a questo
punto, la definitiva svolta major… Roberto Villani
Birdy Hop - Invisibile - (Punkrock)
Francamente, non mi ero mai imbattuto nei Birdy Hop. Eppure, a
leggere le loro note biografiche, il gruppo è attivo sin dal 1987
e con svariate autoproduzioni alle spalle. Per forza di cose,
allora, il mio giudizio si baserà unicamente sul loro nuovo mini-cd,
"Invisibile", contenente sei brani più una video track.
L'area musicale in cui si muove la band pugliese è inquadrabile
in quella pop-rock (suppergiù ricordano i REM degli esordi). Mediamente
le canzoni presenti nel disco sono state realizzate con cura (anzi,
alcune volte, il suono appare sin troppo levigato) ed anche a
livello melodico (belle le interazioni tra la voci di Ilaria Bramato
e Roberto D'Ambrosio) c'è poco da eccepire, soprattutto grazie
al azzeccato lavoro letterario dei testi. Dovessi seguire unicamente
il mio gusto personale sarebbe complicato asserire che "Invisibile"
mi faccia impazzire.
Obbiettivamente, però, qualche buona prerogativa il quartetto
italiano le ha, perciò chi si sente in sintonia con quanto descritto
precedentemente si faccia avanti senza remore.
LucaMauro Assante
Bellini - Snowing Sun (Monitor)
Ingredienti del cocktail: due parti di Uzeda (Agostino, chitarra
e Giovanna, voce), due parti di Don Caballero (Damon e Matthew,
rispettivamente basso e batteria). Gradazione alcolica: elevatissima.
Effetti indesiderati: capogiri, vertigini, perdita dell'equilibrio.
Del resto, che vi aspettavate dall'unione di simili elementi?
Rock 'n' roll (?!) spigolosissimo, abrasivo, cruento e instabile.
Ah, dimenticavo: tra gli ingredienti aggiungeteci anche Mr Steve
Albini, responsabile della registrazione, ancora una volta impeccabile.
Suoni pulitissimi eppure potenti, caldi e diretti come in un live.
Un disco che non lascia tregua all'ascoltatore, che riesce a prendere
fiato solo con la pacata "On the road", proprio al centro
dell'album (è la sesta traccia su undici totali).
Per il resto è tutto un intrecciarsi di linee geometriche
irregolari e ritmi impossibili: musica che si attorciglia su sé
stessa per poi esplodere con violenza inaudita. Per stomaci forti,
e orecchie avvezze a peripezie sonore in piena libertà.
Daniele Lama
Bomba Bomba - Buona pesca! (Cucca&Racha)
Se siete tediati da questo effimero pianeta votato alle guerre
sante (uffà) e alla scelta della velina bionda e della
velina mora, o vi proclamate esausti delle avanguardie postatomiche
che capiremo-solo-tra-dieci-venti-anni-forse o ancora vagate rintronati
da caterve di materiale indie in fotocopia, allora - now is the
time - mettete fiori nei vostri cannoni e l'EP dei Bomba Bomba
nel vostro lettore. Nessuna pretesa: il duo in questione s'improvviserà
latore di melodioso pseudoreggae, fintodub, criptopop plastico
e orecchiabile, divertito alla sola idea di divertirsi. E poi
una smash hit da non sottovalutare, "ICA", tirata perspicace
contro tutte quelle malefiche paroline che terminano con tale
suffisso (fateci caso: politica, svastica, bombatomica, ortica,
berlusconica
) ERGO: Abbasso i B.B. se pensate che la musica
sia (per
forza ) una cosa seria e se il vostro hi-fi c'ha la puzza sotto
al naso. W i Bomba Bomba se invece per una ventina di minuti -
la durata di "Buona Pesca!" - vi va, giullareschi, di
anticipare carnevale, nel cervello e nel corazòn.
Sandro Chetta
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|