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Bjork - All is full of love (Polygram) Ecco la mia beniamina con un atteso singolo, contenente la bellissima canzone che chiude il suo più recente album, "Homogenic". Impreziosito da 2 fantastici remix, il brano splende di luce propria nella scarna tradizionale versione di Howie B., ma notevolissimo è l'apporto dei Plaid che interpretano nuovamente le intense melodie del folletto islandese con arrangiamenti fuori dal comune e sonorità elettronica di pregevole fattura. Ma è nella conclusiva versione di Guy Sigsworth, gia producer di alcune tracce nell'ultimo album di Bjork, che il pezzo acquista nuovo fascino e potenza evocativa. Come se la melodia avesse finalmente trovato la sua armonia gemella... Fantastico! Da non perdere anche la copertina con fotogramma del bellissimo video di Chris Cunningham.
(Odette Di Maio)
Brat - Brat - (Baracca & Burattini/ Sony) Pop in tutte le salse questo dei Brat (letteralmente "Marmocchio"), quintetto di Pontedera che ha delle forti assonanze con altre formazioni della stessa scuderia (Baracca & Burattini), leggi Laghisecchi, Sonica. Pur mantenendo la propria personalità soprattutto nell'uso power delle chitarre, ben suonate da Michele Galardi - fondatore del gruppo con il fratello Giulio - e strizzando l'occhio a certe sonorità pop lo-fi made in Usa, offrono 12 pezzi gradevoli anche se la voce senza sfumature di Giulio tende a stancare. La produzione accurata di Alessandro Sportelli per la West Link però aiuta a respirare meglio a freschezza giusta delle canzoni che a volte suonano un po' scontate (comprensibilmente!) nei giri armonici e negli arrangiamenti. Un gruppo che aspettiamo dal vivo perché possa dimostrare il suo vero valore e perché ci dia un motivo in più per tenerli d'occhio in futuro. (Odette di Maio)
Brother James - Lack - (Friction) Dischi come quello dei Flora & Fauna, Giardini di Mirò e questo dei Brother James confermano che in Italia le sonorità post/math stanno diventando ormai popolari (comunque in una frangia di pochi appassionati) seppur con molto ritardo (effetto centro-periferia se non sbaglio). Non ce n'è da dolersene se i risultati sono piacevoli come questo Lack del trio parmigiano che richiama, per gli arrangiamenti chitarristici, la ritmica frastagliata e le improvvise soluzioni melodiche di un altro trio, stavolta americano, e cioè gli ormai scioltisi A Minor Forest. (Romualdo Paino)
B-Blast - Secondo me... - (Casadidadi) Prima di tutto c'è da segnalare la nascita di questa nuova etichetta, la quale racchiude vari personaggi del campo artistico perugino. Un in bocca al lupo! Con questo marchio aprono le danze i B-Blast, giovane combo dedito ad un crossover suonato con perizia. Il drumming è feroce e compatto mentre la chitarra riffa con piacere. Trovo la voce sopra le righe ma è una caratteristica troppo comune a tutti i gruppi italiani. Un mini di 5 canzoni, ottimo!, che prendono dal punk quanto dal funky passando per la new wave. Non sono uno scoperta ne tantomeno un band essenziale per il panorama italiano ma è giusto che continuino per la loro strada facendo i giusti accorgimenti, tanto già avranno capito dove devono migliorare. (G2D)
Black Hole - Living Mask (Andromeda Relics) Già dalla copertina si può intuire cosa sarà possibile trovare in questo lavoro dei Black Hole, band veronese degli anni '80 affascinata dal gotico. La Andromeda è andata a rispolverare scaffali e cantine dell'underground italiano e sta tirando fuori degli oggetti davvero bizzarri quali questo inedito. L'atmosfera è straniante dall'inizio alla fine. Un organo da chiesa ci accompagna per un corridoio che conduce alla stanza dei giochi dei Christian Death; il gruppo indica i propri orientamenti e si colloca almeno temporalmente in un contesto non troppo lontano dalla darkwave. Ma questo è solo un elemento che caratterizza i Black Hole, poiché i loro incubi in parte sono causati da certo oscuro progressive italiano dei primissimi anni 70, infatti ci si perde sovente tra labirinti tastieristici e polverose scale di cupi mastii che riecheggiano sinistramente metalliche. Consigliatissimo quindi ai nostalgici freak affascinati dalle tenebre (gli altri forse potrebbero trovarlo un po' pesante) e complimenti all'Andromeda per questo tipo di operazioni.
(A.Giulio Magliulo)
Bound - Bound (Vacation House) Ancora Bolzano e ancora hardcore rigorosamente old school! I Buond sulla scia di Sottopressione e No Choice, macinano quel tipo di Hc che, in tempi passati, tirò fuori l'Italia dall'isolazionismo delle scene heavy. Integri, onesti e coraggiosi, i Bound escono (ovviamente) per la Vacation House, fornendo a tutti gli appassionati del genere 25 minuti di attitudine, sing-a-long e adrenalina. Da rispettare e supportare. E da non paragonare a nessuna band straniera. Questa è roba italica al 100%. (Giulio Pescatori)
Blonde Redhead - Melodie citronique - (Touch&Go) Pochi mesi da "Melody of certain damaged lemons" e i BRh pubblicano un mini album che potrebbe far gridare al miracolo per quanto è spiazzante. Non è, questa, la caratteristica dei grandi gruppi? Rinnovarsi e tracciare nuove linee non esplorate ancora. Bastano cinque canzoni e le cose diventano chiare, cover di Gainsbourg ("Slogan"), pezzi cantati in italiano (lingua madre per i fratelli Pace) e francese, più un remix di "Four damaged lemons". Sensazioni? La cover del francese non insinua dubbi, dalle avventure soniche di un tempo si passa con disinvoltura "elementare" a ballatine franco italiche che affondano le radici nella voce e melodia del Battisti nazionale. Imbarazzante? Direi di si, ma il risultato e scoppiettante soprattutto quando Kazu canta in italiano, delirio-erotico!
(Giulio Di Donna)
Bluetip - Hot(-)Fast(+)Union - (Slowdime) Tempo due anni e mi ritrovo tra le mani un altro disco di questi washingtoniani. All'epoca fu brutale stroncatura, a causa di una troppo evidente affinità con l'immancabile nume tutelare di MacKaye & co. Questo ep - prologo di un'uscita autunnale su lunga distanza - segna invece un apprezzabile passo in avanti verso l'affrancamento da tale nobile ma ingombrante riferimento. Le somiglianze persistono, intendiamoci, ma stavolta l'emo-core di questi guys della capitale mostra più personalità - specie nella opening-track, che dà anche il nome al disco -, oltre a qualche strizzatina di palpebra alla sempre più numerosa platea math-rock. Non credo che il mio interesse verso di loro possa aumentare sensibilmente, ma certi progressi è doveroso registrarli. (Bob Villani)
Brutopop - Defrost - (Flop records) In ordine cronologico Defrost è la terza fatica discografica dei Brutopop. Lasciatosi alle spalle l'esperienza artistica con Assalti Frontali, il combo romano si era buttato a piè pari nella forma musicale più vicino ad un Tortoise, per non dire scuola-Chicago, con il capolavoro ''La teoria del frigo vuto''. Oggi l'esperienza punk è riportata pari pari nel secondo cd che compone Defrost. Presenti chicche come ''Bobo merenda'' e ''Bacciccin'', estrapolate da un rozzissimo ''Bienvenidos'', ep del ?93, e addirittura sei tracce di un demotape del ' 91. Un viaggio all'indietro di quasi dieci anni per un gruppo che segna il passo nella storia dell'indipendenza italiana. Esaltati anche da settimanali inglesi, i romani ci deliziano, nella prima parte del disco, con una serie di remix manipolati da ''er meglio'' della scena elettro romana: D'Arcangelo, DJ Stile, Passarani, Klipette e Mat 101, più un remix di Killa from Manila degli stessi Brutos. Naturalmente sei tracce prese da ''La teoria del...'' che ha fatto conoscere al grande pubblico le capacità ''atipiche'' di una grande band italiana. (Giulio Di Donna)
Bron y Aur - omonimo (red album) - (Beware Records)
Il nome della band, chiara citazione dei Led Zeppelin, in qualche modo lascia intuire almeno qualche componente del suono dei Bron y Aur. Un altro indizio si ha leggendo il nome del 'responsabile' della registrazioni di questi quattro lunghi strumentali senza titolo: tale Fabio Magistrali (A Short Apnea). La peculiarità dei Bron y Aur sta nell'avvicinare riff di chitarra tipici dell' hard rock anni 70 (Deep Purple, King Crimson e Led Zep, appunto...) a divagazioni noise e soluzioni che ricordano band apparentemente distanti anni luce, come June of ?44 e Don Caballero. I quattro brani nascono da improvvisazioni e sono stati registrati in seguito ad appena due live-session. Risultato: un sound decisamente d'impatto, coinvolgente ed ?avvolgente'. L'andamento dei pezzi è determinato dal rincorrersi delle due chitarre, tra passaggi progressive, esplosioni noise (che non scadono mai, però, nel rumorismo gratuito) e trip psichedelici degni dei migliori Kyuss. Un disco molto intenso: ascoltato con la giusta attenzione può donare bellissime emozioni. Daniele Lama
Bugo - La prima gratta - (Snowdonia/Bar la Muerte) Bugo: ossia il più sfigato dei songwriter italiani. Un'artista che amerete alla follia o che sognerete di incontrarlo per strada per riempirlo di mazzate. Il suo ''La prima gratta'' (''prima'' intesa come marcia dell'automobile...) è una raccolta di ballate rigorosamente lo-fi, tra un folk-rock che fa molto ''indie U.S.A.'', blues apatico, scazzi rumoristici fini a se stessi, pop-noise senza senso, elettronica tascabile e psichedelia da acido scaduto. Il tutto cantato, in italiano, con voce ora lamentosa, ora con un efficace effetto ''appena sveglio'' (?!) o in improbabili falsetti che potrebbero essere quelli di un Battisti tremendamente ubriaco. I testi sono un delizioso esempio di come il confine tra genialità ed assoluta demenza sia labile e non facilmente individuabile. Bugo ha talento, e il senso dell'ironia, per fortuna: prende per il culo gli ascoltatori, ma non sembra prendersi poi tanto sul serio... Se assunto a poche dosi, probabilmente riuscirete a frenare gli istinti violenti nei suoi confronti... Daniele Lama
Boldoz Dogs - Pataboom - (Sottosopra)
Da Novara (giusto?!) arrivano i
Boldoz Dogs, combo proto punk attivo dal '97. Tre anni di esperienza,
dunque, per affinare le loro doti. "Pataboom" (13 tracce
x 54 min e rotti di musica) ha il pregio di farsi ascoltare senza
troppo impegno e, cosa sempre più rara, senza fare eccessivi
danni! La loro miscela punk d'estrazione californiana, infatti,
risulta davvero godibile e, a tratti, se non addirittura originale,
quantomeno specchio di una certa personalità ("Tibetan",
"Three Past II", "Radio Flits"). Le coordinate
sono quelle che vanno dai Bad Religion fino ai NoFx, passando
per i Descendent, il tutto corroborato da una certa vena "rumorista"
e un'attenzione particolare per gli arrangiamenti che rende i
brani meno derivativi di quanto generalmente ci si aspetti da
gruppi di simile estrazione. Certo, si può fare di meglio
(per esempio incidere meno brani, selezionando solo quelli più
significativi. "Consequence", per dirne una, la vedo
tranquillamente fuori dalla track list finale...); ma nel frattempo
questo primo full lenght depone a loro favore. Staremo a vedere.
Intanto lasciate questa label! (ndd)
Giulio Pescatori
Blessed Child Opera - s/t - (...Zzz
prod.) Assuefatti come siamo
ai luoghi comuni, tutto ci si potrebbe aspettare tranne che i
Bless Child Opera siano napoletani. Si ha quasi la sensazione
anzi di trovarsi di fronte a qualche musicista(presumibilmente
americano) folgorato dal nuovo folk propugnato da i vari Will
Oldham, Smog, Songs:Ohia. Dietro la sigla B.C.O. si nasconde,
al contrario, il partenopeo Paolo Messere già fondatore dei Silken
Barb ed ultimamente collaboratore dei Ulan Bator dal vivo. Proprio
al leader della formazione transalpina il buon Paolo si è affidato
per la produzione del disco. L'impatto sonoro sul quale punta
il gruppo(?) è prettamente acustico, moderatamente bucolico se
non fosse che ogni tanto compaiono degli interventi di chitarra
elettrica. Ciò serve a costruire delle malinconiche ballate oscillanti
tra l'essenzialità di un Nick Drake dei giorni nostri e le estenuanti
dolorose elucubrazioni alla Jason Molina dei sopraccitati Songs:Ohia.
Trovare una via personale partendo da questi presupposti è stata
una scommessa che necessita di essere ancor meglio sviluppata
in futuro onde evitare gli inevitabili paragoni che anche in questa
sede sono stati fatti.
LucaMauro Assante
Bartòk - The finest way to offend you
- (Gamma Pop)
Se con l'arrivo della primavera cercate anche dal punto di vista
musicale qualcosa di "solare" e leggero, per adeguare gli ascolti
ai nuovi colori e alle belle giornate di sole, beh, allora questo
disco decisamente non fa per voi. Tutt'altra atmosfera si respira
nelle dieci tracce dei varesini Bartòk, abili creatori di opprimenti,
densi, scurissimi intrecci sonori inquietanti quanto affascinanti.
Pianoforte, basso, batteria e violoncello ricamano trame impregnate
di blues malati, rumorosi e nevrotici, schizzatissime schegge
post punk e allucinate suggestioni psichedeliche interpretate,
in inglese e spagnolo, dalla voce calda di Roberto Binda. Come
se gli scarni chiaroscuri dei Morphine si incontrassero con le
dissonanze spigolose dei Jesus Lizard. Un sound molto particolare,
in cui risulta fondamentale l'apporto del piano, che dona ai pezzi
quel mood malinconico e il tono tragico che sono delle costanti
di tutto il lavoro. Canzoni che sembrano uscire dal sottosuolo,
direttamente dagli inferi, cariche di struggenti melodie notturne:
la perfetta colonna sonora per una passeggiata tra i più ignoti
bassifondi dell'anima.
Daniele Lama
Bisca - Il Cielo Basso (ed. Il Manifesto)
I Bisca, non ci sono dubbi, hanno scritto una pagina importante
della storia del rock italiano, quello più impegnato, più attento
alle problematiche sociali che alle tentazioni della classifica:
una storia fatta di alti e bassi, certo, ma caratterizzata da
una coerenza stilistica e ideologica non indifferente (il cd lo
potete trovare in edicola, a "prezzo politico"). "Il cielo basso"
è una raccolta di canzoni sincere, intense: un'istantanea che
ben rappresenta come sono i Bisca del 2001. Pur rimanendo un gruppo
esplicitamente "schierato" e impegnato, nei nuovi testi gli slogan
di rivolta urlati e sottolineati dagli incendiari assoli del "sax
antifascista" di Sergio Maglietta lasciano spazio a riflessioni
dai toni più pacati, adagiate su ritmi da "dance fatta in casa",
in cui la tensione, la rabbia e il disagio non appaiono domati
ma semplicemente convogliati in discorsi caratterizzati da una
lucidità intellettuale senza precedenti. Sotto un apparente velo
di malinconia e rassegnazione, le parole di Sergio vibrano di
un'energia coinvolgente e positiva, di un'ironia tipica di chi,
nonostante tutto, non ha nessuna intenzione di arrendersi. Il
nuovo sound dei Bisca è una corposa miscela di basi elettroniche
sostenute, pop d'autore e venature funk: una musica avvolgente
e calda, nonostante il massiccio uso dell'elettronica che, contrariamente
a quanto ci si potrebbe aspettare, non priva le composizioni della
"visceralità" e dell'impatto emotivo cui la band ci aveva abituati
in passato... Daniele Lama
Banda Bassotti - Un altro giorno d'amore
(Gridalo Forte Records) Ci sono
band, che in un'ipotetica "storia dell'underground italiano" dovrebbero
occupare un posto speciale. Non c'è dubbio, ad esempio, che nel
capitolo "Rock Antagonista" si indicherebbe come indiscusso punto
di riferimento della scena la Banda Bassotti: vent'anni di rock-punk-ska
fortemente politicizzato, schierato, incazzato, diretto e allergico
ad ogni forma di show-business... Nel '96 la Banda decide di fermarsi,
ma nel febbraio scorso si riunisce per una serie di tre concerti
nei Paesi Baschi, insieme ai "fratelli" Negu Gorriak. Il 15 e
il 17 dello stesso mese sono protagonisti di due live a Roma,
il secondo dei quali, al centro sociale "Villaggio Globale", richiama
ben novemila spettatori. Questo doppio cd è proprio la testimonianza
di quest'ultimo concerto-evento. L'incredibile energia sprigionata
sul palco e il calore del pubblico straripano dai solchi dei due
dischetti cui spetta il difficile compito di contenere la straordinaria
carica del combat-rock del gruppo, l'entusiasmo delle migliaia
di persone che cantano a memoria i testi della Banda, e che non
è difficile immaginarsi coinvolte in un pogo frenetico e liberatorio
durante brani come "Ska against fascism", "Caput Mondi", "Viva
Zapata", "Zu atrapartu arte" (con Fermin Muguruza dei Negu Gorriak...),
"Bella Ciao"... Il risultato è un live convincente, in cui si
respira l'atmosfera elettrica di una serata che non sarà dimenticata
facilmente da chi era presente. Due dischi emozionanti: un documento
importante per una band che merita il massimo rispetto... Daniele
Lama
Buzzer p - Waitin' for a major...-
(Vurt Records) L'estate è alle
porte. E con essa l'immancabile massiccia dose di hit-spazzatura
da spiaggia, canzoncine mielose e amenità varie per grandi e piccini.
Ecco allora i Buzzer P a salvarci le orecchie. O sarebbe meglio
dire a torturarcele, tanto corrosiva è la proposta musicale di
questi quattro pazzi. "Waitin' for a major..." è un delizioso,
freschissimo frullato allucinogeno in cui lo scarso rispetto per
le convenzioni armoniche di gente come God Is My Co-Pilot si mescola
all'irriverenza di quelli che potrebbero essere dei Pixies colti
da un esaurimento nervoso. Ritmi singhiozzanti, schegge di blues
perverso, voci schizzate che passano senza problemi dal gutturale
ai falsetti "effetto-asilo"...il tutto sotteso da una portentosa
carica hardcore e da una sana attitudine ironica. Io il mio disco
"da ascoltare sotto l'ombrellone" ve l'ho consigliato...voi siete
liberi di vedervi il Festivalbar... Daniele Lama
Massimo Bubbola - Il cavaliere elettrico
- (Eccher Music) Venticinque
anni di storia della musica italiana racchiusi in un elegante
cofanetto prodotto dalla Eccher Music: non semplici canzoni ma
storie in musica, non semplici sottofondi ma sussurri nell'intimità;
tutto questo è "Il Cavaliere Elettrico" di Massimo Bubbola. Un
disco live che trae ispirazione e fondamento dal Neverending tour
che dura oramai ininterrottamente dal 1994 con oltre 400 date.
Una vena poetica, quella di Massimo Bubbola, subito riconosciuta
anche dal grande Fabrizio De Andrè con il quale partì una collaborazione
che portò alla composizione di pezzi come "Fiume Sand Creek",
"Franziska", "Andrea" e "Avventura a Durango". Il doppio album
propone venti canzoni registrate a più riprese fra il 1997 ed
il 2000 più l'inedito "Innolento/Slowfood" che è stato adottato
come inno dallo Slowfood. L'intera opera è strutturata come una
tipica esibizione live di Massimo: una parte più acustica e solare
ed una invece "elettrica" e viscerale, fermo restando la profondità
e l'intimismo dei testi che traspare in ogni singolo pezzo. Quale
sottofondo migliore del rock per esprimere tutta la crudezza e
la realtà dei testi; tex-mex, rock blues, country, rock-folk,
generi di importazione radicati in profondità nell'artista ed
uniti alle basi della musica popolare italiana. Un genere che
in Italia trova i suoi più validi portavoce in De Gregori, De
Andrè ed all'estero viene impersonificato dall'eterno Bob Dylan
(del quale Massimo Bubbola presenta alcuni pezzi tradotti). Una
determinata scelta musicale che ha colpito molti artisti fra i
quali Fiorella Mannoia che da tempo è legata alla canzone "Il
cielo d'Irlanda" scritta da Massimo quasi dieci anni fa. Difficile
non arrendersi alla poeticità di canzoni come "Senza famiglia"
o "Maria che ci consola" o ancora "Dove scendono le strade" che
recita: Siamo cresciuti come l'erba / ai bordi della ferrovia
/ mi hai detto - Io sarò una stella - / Ma il vento ci ha strappato
via. Un mondo reale, un mondo in cui Andrea si è perso fra le
mitraglie e a Durango si parte per traversare il deserto, in città
Cocis continua a fare i suoi sporchi affari e all'Agip motel stanno
ancora cercando Maria. Un mondo terribile per quanto reale, una
visione spietata del quotidiano che scompone ed analizza il vivere
così come le vite di cui è composto. Forse uno dei pochi cantautori
che tentano ancora di dirci che è tutto vero. Stefano Sagone
(www.visum.it)
Belle & Sebastian - Jonathan David
- (Jeepster) In attesa dell'uscita
del successore di "Fold Your Hands Child..", i Belle & Sebastian
hanno pensato bene di ritornare sul mercato con questo singolo
composto da tre brani inediti. Il primo pezzo, "Jonathan David",
è una composizione mid-tempo cantata dal chitarrista Stevie Jasckson.
Il suo allegro incedere è un antidoto perfetto per riprendervi
da questa dannata calura estiva. La seconda traccia "Take Your
Carriage Clock And Shove It" è una classica ballata "orchestrale"
alla B&S impreziosita dall'intervento, quanto mai appropriato,
di una slide guitar. Il mini cd si chiude con una canzone già
eseguita nel corso delle (rare) esibizioni live del gruppo:"The
Loneliness Of The Middle Distance Runner". In tale episodio, la
tipica vena malinconica di Stuart Murdoch e soci trova un perfetto
bilanciamento nella scelta di una strumentazione d'annata (organo,
piano elettrico, chitarra acustica ed elettrica) che esalta a
dovere il modernismo retrò del gruppo scozzese. LucaMauro Assante
BedroomRockers - The tundra workshop
- (Universal)
Fred Ventura ed Enrico Colombo varano il progetto BedroomRockers
nel 1996, per dare una voce ed un nome alla loro musica. Cominciano
da subito a lavorare su diversi fronti, le prime compilation di
Milano 2000, il terzo album di Vibrazioni Production "Suoni nella
notte" e la produzione artistica di "Onde", album d'esordio di
Patrizia di Malta (su etichetta Emi). Parallelamente a questi
progetti, il duo prosegue nella propria personale ricerca musicale
che porta all'uscita di "The tundra workshop" nel 2001 con la
Universal. Senza tralasciare le abituali occupazioni (sono ad
esempio autori di remix per Jovanotti, Carmen Consoli, Elisa ed
Erikah Badu) cominciano, con il nuovo disco, ad esplorare e reinventare
il panorama elettronico europeo. Espandendosi ai confini della
psichedelica underground del terzo millennio, saggiandone attitudini
e contrasti con l'elettronica tedesca e le nuove tendenze europee,
i BedroomRockers creano un loro sound allo stesso tempo evocativo
e concreto, che gli permette di rendere elastico il concetto di
musica rock. Ma è proprio di questo che si tratta, ed il rock
emerge prepotente ed aggressivo in diversi brani fra cui "Driving"
(scelto come colonna sonora dello spot Meltin' pot), "T.s.o.c."
o ancora la piacevolissima "Still dreaming" in cui la seconda
parte, introdotta egregiamente da una melodia semi new age, si
lancia in uno sfrenato rock con tanto di schitarrate stile anni
settanta. Nel disco sono presenti due italianissime collaborazioni
(sebbene tutto il disco sia cantato in inglese): Odette Di Maio,
cantante dei Soon, presta la sua voce per "Nothing else matters"
e Raffaella Destefano dei Madreblu ci delizia sulle note di "T.s.o.c.".
Viaggiare lungo The tundra workshop è un'esperienza unica, una
ricerca approfondita del suono, dell'integrazione fra le parole
(poche) e la musica. Dalle atmosfere rarefatte di Arizone fino
ai loop elettronici di audiowhores (attenzione alle sorprese in
questa ultima traccia...) i BedroomRockers danno il meglio di
sé, dimostrando di non avere nulla da invidiare ai gruppi di rock
alternativo di importazione. E' importante che in Italia ci sia
ancora la voglia di sperimentare e, pur coscienti che questo disco
probabilmente non scalerà mai le vette delle classifiche nazionali,
continuiamo a giudicarlo un successo. Stefano Sagone
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