Per i non-nippofoni (di cui anche chi scrive fa parte) è bene si sappia che Aidoru, nell'idioma del sol levante, sta per "idolo". Come se questa fosse l'ambizione segreta di ogni musicista e, più estesamente, di chiunque faccia arte. Dei moderni idoli il quartetto cesenate non sembra avere tale ambizione, ma più che altro la consapevolezza dell'esistenza di questa, giustificata, evidentemente, dall'immortalità dell'opera cui l'uomo, attraverso il proprio percorso artistico, può dar vita.
Ecco allora che questi percorsi per gli si allargano, si diversificano, si stratificano attraverso l'interdisciplinarietà col teatro - è la fattispecie concreta, non un semplice esempio -, per addivenire a una "fruibile complessità" che, seppur di gran pregio, passerà comunque probabilmente inosservata.
Ma per l'immortalità può già bastare l'attaccamento di pochi, e non è retorica. E finchè Dario Giovannini e soci saranno capaci di "Cinque Piccoli Pezzi per Gruppo con Titolo" o di "13 Piccoli Singoli Radiofonici", su questa strada ci si sta ancor più saldamente

AIDORU - QUATTRO PICCOLI ARTISTI (RADIOFONICI?)

Nell'ultimo "13 Singoli" le componenti - per sintetizzare - "hard-experimental" e post-rock sembrano aver lasciato maggiore spazio a una componente - comunque già presente in "Cinque Pezzi" - più ispirata a Robert Wyatt. Può essere questa una "diagnosi" verosimile? Come sintetizzereste i 4 anni intercorsi tra i due album in termini di esperienza e nuove idee accumulate?
Appena è uscito "Cinque Pezzi" ci siamo detti: ok, capitolo "chiuso" e archiviato, andiamo oltre. E così è iniziata la lunga genesi del nuovo disco. Siamo partiti dalle parole, mettendo le nostre musiche sui testi di Mariangela Gualtieri (leggi più avanti, ndr). Poi è nata la collaborazione con la compagnia vera e propria (del Teatro Valdoca), abbiamo musicato 4 spettacoli. Ci siamo scontrati con una regia, con dei costumi, con dei trucchi… Ma soprattutto siamo usciti dal concetto unilaterale di musicista. Tutto questo ha creato atmosfere e stati d'animo nuovi in noi. Ogni volta che lavoravamo a un nuovo brano pensavamo per prima cosa all'atmosfera che doveva richiamare. Sono stati 4 anni ricchi di questa visione "teatrale" del nostro lavoro. Robert Wyatt è un'artista enorme che stimiamo, ma non direi che abbia particolarmente influenzato il suono del disco (magari inconsciamente!). Semplicemente "5 Piccoli" era un disco rock.
Poi nello spettacolo "Non-Splendore" il rock è stato preso e messo su di un palcoscenico con una funzione drammaturgica. Questa cosa ci ha sconvolti un po' tutti. Infatti ci siamo trovati ad essere un elemento di un tutto più complesso ed è come se di lì in avanti avessimo tentato di avvicinarci a comprendere quel tutto. Il rock veniva usato come elemento dissuadente che ti porta via da un luogo di attenzione verso un luogo onirico e travolgente.
Tutto questo prende il forte significato precedente e lo trita e lo ammazza e lo stampa nel cervello in maniera lapidaria ed inequivocabile. Questo è un procedimento micidiale che Cesare ha saputo intravedere nella nostra musica, questo strazio onnipresente raffinato da una scrittura attenta e mai banale. Il nostro rock non è ovviamente quello di "Smoke on the Water" (tanto per dirne una), ma è un rock che noi consideriamo attuale perché non evoca determinati clichè ma è evocativo nel senso stretto del termine. Dopo "splendore" c'è stato "imparare" ed è stata per noi un'esperienza fortissima, fatta di un contatto umano con 15 attori diversissimi per un periodo molto lungo.
Quel che è venuto fuori dalla nostra musica è stato un fortissimo sentimento umano di tenerezza, giocosità e strazio, perché effettivamente i sentimenti che nel corso dei mesi di prova sono risultati importanti sono stati quelli. Tutto il resto era assolutamente superfluo.
E penso che col senno di poi anche nella vita non ci sia poi così tanto di importante se non la piccola gioia, l'amore ed il pianto. Dopo questo spettacolo abbiamo messo tutte le nostre energie in "13 Piccoli Singoli", che è il risultato di tutto ciò e non è un disco di generi musicali ma un sentimento profondissimo tradotto in suoni. In questi 4 anni, in cui si è cominciato a lavorare in maniera attiva con il teatro, come un qualunque fattore che può violentare le tue abitudini, questo è riuscito a spolverarci via confini cresciuti addosso, aumentando il coraggio e coccolando una certa parte della nostra introspettività.
Fatte pochissime eccezioni, i vostri brani sembrano "dipinti" su un fondale di struggente malinconia. Ritenete che esso sia un mood preesistente al contenuto delle canzoni o ne è invece il risultato?
Beh penso che le due affermazioni tutto sommato si equivalgano. Come detto prima il sentimento che ha guidato il percorso di "13 Singoli" è stato molto forte e la ricerca delle canzoni ha portato a trasmettere quel sentimento. È la stessa cosa. Quando un sentimento è molto forte sprizza un po' da tutti i pori.
Pur nell'unicità della vostra proposta musicale, avete fatto team con un paio di band (Gatto Ciliegia Contro il Grande Freddo, Sedia) sostanzialmente diverse per l'Itinerario festival. Sentite delle affinità con loro? Com'è nata l'idea, coraggiosa come altre in giro, di questo festival? Che aspettative/prospettive avete?
E' vero, le band (Gatto Ciliegia, Offlagadiscopax, OvO e Sedia) sono molto diverse, ma secondo me quello che ci accomuna è il lato umano. La musica di tutti questi artisti rispecchia una sincerità di fondo che probabilmente in altri artisti non si sente. Sarebbe bello pubblicizzare Itinerario come il festival degli artisti sinceri, magari ci pensiamo per il prossimo anno. Inoltre ci affidiamo ai nostri collaboratori delle etichette per la scelta dei gruppi per garantire una certa qualità ma anche una certa eterogeneità che secondo me è importante al fine di non generare delle nicchie nella già nicchia-scena italiana. Itinerario è nato da un sogno che piano piano ha preso forma, in verità siamo partiti dall'idea di un festival a Cesena (che poi è Itinerario Stabile che si farà a Giugno) poi abbiamo pensato di coinvolgere i vari collaboratori per replicare il festival nelle loro piazze; infine abbiamo deciso di vendere il festival ovunque senza discriminazioni perché crediamo che sia una iniziativa importante anche in termini di sviluppo di comunicazione fra addetti e pubblico. Speriamo che Itinerario arrivi un po' ovunque, e ovunque significa nelle scuole, nelle stazioni ossia in grandi luoghi di snodo vitale, un po' per destabilizzare la routine e per dare un segno forte di insediamento artistico nel tessuto sociale vero e proprio.
Alla citata unicità del vostro sound corrisponde una complessa struttura strumentale. Mai come in tale circostanza pare giustificato il quesito sulla genesi e la realizzazione dei brani…
Ogni pezzo nasce da una suggestione. Diciamo che ad un certo punto della giornata, qualunque cosa si stia facendo, scoppia una scintilla e tu capisci che da quel germoglio nascerà qualcosa di importante. Dopodiché il resto è tecnica compositiva, istinto e studio sul suono e delle combinazioni timbrico-armoniche. Molte volte un brano nasce leggendo un testo (come è avvenuto con 'Ossicine'), diciamo che quando un testo (o una parola) ti suggerisce un'idea musicale la metà della fatica è fatta. Oppure a volte ci sono quei casi in cui tutto ti è chiaro subito come nel caso di 'Nothinginfinityreality'; questo è il classico pezzo dei 5 minuti, nel senso che ti metti lì e lo suoni ed è già perfetto così. Per altri pezzi magari ci vuole di più, tipo per stendere 'Se la Parola Amore' ci abbiamo messo 6 mesi…
Come mai i vostri album hanno titoli così… "pirandelliani"?
In realtà il nostro riferimento non è Pirandello. Con "Cinque Pezzi" abbiamo voluto fare un omaggio a Webern ed ai suoi "Cinque Piccoli Pezzi per Orchestra", poi noi abbiamo aggiunto "Con Titolo" perché i nosri avevano un titolo mentre i suoi no, poi "Tredici Singoli" è nato come evoluzione, in più abbiamo aggiunto "Radiofonici" (geniale no?!). La dura realtà è che noi pensiamo veramente che possano essere dei singoli radiofonici, ma il guaio è che le radio pensano esattamente il contrario (e non solo loro)… insomma c'è una serie di co-implicazioni che determina i titoli dei nostri album.
Ho letto di una vostra performance con (l'autrice) Mariangela Gautieri… di che si tratta? E che dite, in generale, delle vostre "intersezioni creative" col teatro di sperimentazione?
Stai parlando di "Non-Splendore Rock", che non è una performance ma un vero e proprio spettacolo-concerto. La nostra collaborazione con Mariangela è cominciata nel 2001 con "Attraversare Decisi il Fiume", evento unico per il festival "Colonie Teatrali". Da questa prima bozza l'anno dopo si è entrati in produzione con il Teatro Valdoca ed abbiamo prodotto "Non-Splendore Rock". Questo effettivamente è stato il nostro primo lavoro dopo "Cinque Piccoli Pezzi" ed è da noi considerato alla stessa maniera di un disco, ma questo messaggio purtroppo non è arrivato a tutti. Io speravo che, visto che ha rischiesto mesi di preparazione, fosse accolto come un nuovo disco ma non è stato così. Purtroppo tutti ci hanno accusati di aver fatto un disco a distanza di 3 anni ma non è assolutamente vero, la nostra attività è proseguita in maniera assolutamente continuativa.
Dopo "Non" abbiamo prodotto un altro spettacolo ("Imparare è Anche Bruciare") e poi un altro ancora ("Paesaggio con Fratello Rotto"), senza considerare piccoli eventi unici come "So Dare Ferite Perfette"; consiglio a tutti di recuperare e venire a vedere questi spettacoli là dove avranno luogo. In questi spettacoli la nostra musica, per la maggior parte originale ed inedita finché qualcuno non vorrà raccoglierla su di un CD, si fonde alle splendide parole di Mariangela ed alle fortissime visioni del regista Cesare Ronconi. Ancora oggi, dopo 25 anni di attività, il Teatro Valdoca è la punta di diamante della ricerca italiana teatrale, e considero questa collaborazione veramente prolifica.
Anomala sembra, superficialmente, la vostra collocazione nel roster (concetto labile, comunque) di Snowdonia. Com'è nata questa "connection" con Cinzia La Fauci e Alberto Scotti? Sono davvero stati gli unici nel panorama italiano ad aver mostrato interesse per la stampa e la distribuzione del vostro disco?
No, in realtà c'era qualcun altro interessato, ma Snowdonia è stata l'unica etichetta a non avere nessun tipo di timore o dubbi e a dire "andiamo!!". Io apprezzo tantissimo questo tipo di carattere e perciò ci siamo trovati subito in sintonia. Come detto prima a proposito di Itinerario conta forse più un'affinità umana piuttosto che un'affinità generica (nel senso di genere, ma c'è anche il doppio senso). Comunque dalla domanda ho capito che hai capito perfettamente la scelta di Snowdonia.
Il vostro background parla di anni di ascolti ma anche, epr alcuni, di formazione classica. Quali sono stati i nomi, i fattori, gli episodi cruciali per giungere a ciò che siete adesso?
(Dario) Fin dall'inizio ho temuto questa domanda!! Guardare indietro è sempre molto pericoloso perché si tralasciano sempre delle cose fondamentali e si rischia di dare un'immagine di sè completamente diversa da quella reale. Comunque è vero che abbiamo ascoltato tutto quello che potevamo ascoltare e abbiamo pure visto tutto quello ecc. Però ti posso dire con assoluta franchezza che non c'è niente dopo e prima di Bach che valga la pena tenere al posto suo. E qui esprimo un mio personalissimo punto di vista. Trovo che la sua musica sia assolutamente perfetta sotto tutti i punti di vista, ed al giorno d'oggi è l'unica attuale ed avanti allo stesso tempo, è un qualcosa di assoluto, inequivocabile, insondabile ed al tempo stesso chiarissimo. Forse la sintesi perfetta fra umano e divino. L'unico senso che può avere la musica dopo di lui è timidamente farsi promotrice di sentimenti puri e bellissimi che costituiscano occasione di riflessione e miglioramento spirituale. La musica deve salvare le vite dalla schizofrenia e dalla noia attraverso le catarsi dei sentimenti (che sono il ballo, il riso ed il pianto), a dettare le leggi della perfezione ci ha già pensato qualcun altro.
(Diego) Per quel che riguarda la mia formazione classica (tuttora in atto) ha inciso tantissimo sulla scelta degli arrangiamenti dei brani. Sto parlando a livello di ritmica, di colori e soprattutto di dinamiche. Ho lavorato sodo perché tutto questo mi portasse oltre Il concetto riconoscibile di "batterista portatore di ritmo". È un processo lungo e tuttora in movimento! Oltre a questo il jazz è stato un altro fattore determinante, anche se quasi tutto lo trovo noioso.
Per chiudere: qual è, dei vostri brani, quello che vi fa brillare gli occhi?
(Dario) Il nostro brano più riuscito è assolutamente 'Fas 3 Bis'. Quando Morena parte per quel viaggio onirico ed animalesco ed al tempo stesso così umano e terrigno penso che ci sia letteralmente da strapparsi i capelli. Poi sotto quel tessuto di chitarre e basso sconnessi e legati allo stesso tempo. Con la batteria a battere (appunto) un ritmo tribale e rituale implacabile, brrrr che bello…
(Mirko e Dario) Un altro brano commovente è 'Parole Porte Parole Ali', con il suo essere canzone deviata e tracheotomizzata (D. Capuano), dilatazione estrema della pop song.
(Diego) Ho un debole per 'Fas 3 Bis' e 'Phase Difference'.

Roberto Villani

 
 
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