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Non
siamo i primi e non cominceremo noi a parlare di Antony
e dei "suoi" Johnsons come della sorprendente
novità di questa stagione musicale e di un artista che,
sottratto al dimenticatoio dell'iniziale gavetta e di un debutto
omonimo uscito anni fa per pochi intimi, sta facendo, con la
ristampa di questo e col nuovo "I Am a Bird Now",
"strage di cuori" presso artisti (Lou Reed in primis
- colui che più di ogni altro gli ha procurato visibilità,
portandoselo anche in tour), registi (Steve Buscemi che
gli ha affidato un cameo in un film di prossima uscita)
e, ovviamente, critica.
Quella specializzata, s'intende, ma, gente, aspettiamo, perché
il camaleontico Antony ha con sé gli assi per accaparrarsi
un posto sulle bocche (e le orecchie) anche del grande pubblico:
davanti (e non dietro, come spesso accade) alla certosina ricerca
di una complessa forma del senso di "sublime artistico",
che racchiuda tanto la dimensione drammatica-tragica quanto
quella, più ottimistica, della speranza e della riabilitazione
- tutto secondo un'estetica molto "cinematograficamente"
newyorkese -, c'è una sostanza musicale classica (voce-piano-orchestrazione)
che lascia ampi spiragli di fruizione.
Ma soprattutto c'è il mondo di un uomo, sospeso tra realtà
e rappresentazione fittizia di questa, che sta dimostrando di
sapere benissimo come affascinare il prossimo con la sua arte
ANTONY AND THE JOHNSONS - THE PORTRAIT
OF NEW YORK
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Le canzoni dell'omonimo debut album sono state scritte
prima del 2000, ed è quindi passato u bel po' tra queste
e quelle di "I Am a Bird Now". E' possibile rintracciare
tra le prime e le seconde specifiche differenze nell'aspetto
musicale, ma anche nei testi o nell'estetica?
Il primo disco è stato scritto nel 1997-98, ed è
un periodo della mia carriera completamente diverso da quello
attuale. Quel disco era più teatrale e orientato all'opera,
mentre oggi l'approccio è più archetipico, ossia
semplicemente emozionale, e anche felice. Da quando ho fatto
il primo album è stata mia abitudine mettere insieme
un ensemble di musicisti, e dopo fatto ciò scrivere i
pezzi. Per il disco omonimo fui io a scrivere tutto, affidando
ai musicisti le parti già pronte, mentre per "Bird"
questi sono stati coinvolti in prima persona negli arrangiamenti.
Nella tua musica sembra che il senso di bellezza e di decadenza
si mescolino a un livello più alto
concordi? O
credi che una di queste due caratteristiche (e quale) prevalga
sull'altra? Definiresti la tua musica, in fondo, come ottimistica?
Non sono d'accordo, in quanto non ho mai percepito il mio lavoro
come decadente. E' sì estremo, ma non decadente
sto cercando invece qualcosa di concettualmente "bello",
e in trasformazione.
Testi e musiche sembrano condividere l'essenza sublime propria
di grandi drammi o tragedie così come raffigurati nell'opera.
Ti piace questa forma di rappresentazione artistica? La consideri
sinceramente espressiva dell'animo umano?
Ad essere onesti non ho alcuna familiarità col mondo
dell'opera
e non saprei dirti neanche quali possa preferire.
Tutti e due i miei album sono "at the edge", ai confini
del già detto, e protesi alla ricerca della "libertà",
e con qualcosa che è imprigionato e dovrebbe andare al
cuore
Come un ambiente multiforme e culturalmente avanzato come
New York ti ha aiutato a sviluppare - o anche solo a non abbandonare
- un progetto così classico eppure insolito come il tuo?
Pensi che aver iniziato a suonare altrove per un altro pubblico
sarebbe stato più arduo?
La strumentazione non è connessa a New York (ma non è
questo che gli avevamo chiesto, ndt), piuttosto è l'estetica
a richiamare l'esperienza di vita in questa metropoli, come
testimonia anche la copertina di "Bird", ma anche
la mia figura da performer mutevole - che è anche caratteristica
di una parte del mio albero genealogico.
E a proposito dei testi, li consideri come specifiche dichiarazioni
che chiedono di non essere fraintese, o lasci all'ascoltatore
la possibilità di approcciarvisi - e dargli significato
- a proprio modo?
Preferisco che la gente prenda le mie parole secondo la propria
prospettiva, non secondo la mia personale. Queste parole traggono
origine da un immaginario soggettivo che non potrei imporre
in alcun modo all'ascoltatore, che ha una vita diversa dalla
mia
Che mi dici del rapporto tra gli ospiti vocali di "Bird"
(Boy George, Lou Reed, Rufus Wainwright, Devendra Banhart) e
le canzoni in cui appaiono? C'è qualcosa in queste ultime
che ti ha suggerito il ricorso a loro, o intendevi solo onorare
alcuni dei tuoi "eroi artistici" abbellendo canzoni
già compiute?
Il processo creativo è un processo di "compilazione",
ossia è un collage di cose diverse, e ogni canzone non
nasce con l'intenzione o meno di ospitare una voce diversa dalla
mia: le canzoni sono nella mia testa già prima che la
presenza dell'ospite vocale sia contemplata. E tali ospiti sono
molto specifici nella corrispondenza tra la loro identità
- il timbro, la spiritualità e ciò che rappresentano
- e la natura della canzone, che tale contributo vocale porta
a un livello più alto
Hai
collezionato finora un paio di apparizioni in film, anche se
mai da protagonista. Pensi che recitare sia funzionale allo
sviluppo di nuove idee musicali, o è solo u altro modo
per esprimere la tua personalità artistica?
Recitare mi aiuta a svuiluppare nuove idee in generale, non
solo nella musica. Per ogni canzone che eseguo ho un modello
diverso, che mi capita anche si studiare al videotape, ed è
anche questo un modo di recitare, o almeno me ne dà l'idea.
Fare un film mi fa venir voglia di muovermi in una direzione
diversa, qualcosa di nuovo, capisci? E poi in tutti e due i
film in cui sono comparso la mia parte era quella di uno che
suona davanti a un pubblico, un vero pubblico. Il piacere è
stato così grande che il film in sé è stato
qualcosa di separato dal recitare - che è qualcosa di
stimolante per la creatività.
Ti accingi ad andare in tour, e a passare per l'Italia, con
una formazione molto stringata (e, parlando, scopriamo che Antony
ha già suonato, a Napoli, nel Dicembre 2002, nella Chiesa
- sconsacrata - di S. Severo al Pendino - e chi diavolo lo sapeva?!).
Come mai questo lasciare a casa i Johnsons?
Per il tour effettivamente saremo in due appena. Negli ultimi
mesi sono andato in tour con chitarra, violoncello e me al piano.
La mia intenzione è quella di presentare qualcosa di
minimale, che evochi un senso di initimità e la libertà
di fare quello che mi va
evitando anche il problema di
essere in tanti in giro. La mia band consiste di un sacco di
gente coinvolta nella produzione, ma non sono necessariamente
le stesse persone con cui ho suonato dal vivo in questi anni,
alcune delle quali sono comunque coinvolte nel progetto
insomma, non sono "mercenari".
Per chiudere, che rapporto c'è tra le tue aspettative
di oggi e il successo? Pensi che quest'ultimo possa condizionare
le prime, e in generale la tua ispirazione? Se sì, quali
potrebbero essere gli effetti?
Nno ne ho idea. Non so cosa potrà accadere. Sono grato
al pubblico in ogni fase del mio processo creativo e produttivo.
Nel frattempo ho accumulato materiale bastante per registrare
altri due o tre album, e il mio obiettivo è vederli registrati,
portarli in tour e avere più libertà e "mobilità"
in tutto quello che faccio. Adoro cantare perché mi dà
una profonda gioia
ed è questo l'obiettivo principale,
molto più del successo
Bob Villani
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