Jennifer Gentle


I Jennifer Gentle sono due ragazzi di Padova innamorati della psichedelia dei 13th Floor Elevators e di Syd Barret. E' da poco uscito il loro terzo lavoro, lo splendido "Valende", pubblicato nientemeno che dalla Sub Pop (per i più distratti: l'etichetta di Seattle che ha lanciato gente come Nirvana, Mudhoney, Rapture, Postal Service, Shins, Iron&Wine, solo per nominarne qualcuno).
Facciamo quattro chiacchiere con Alessio Gastaldello (che con Marco Fasolo costituisce il nucleo della band, cui si aggiungono altri musicisti nella dimensione "live"), qualche giorno prima che la band parta per un tour negli Stati Uniti...

Inutile dirvi che fa un certo effetto vedere il logo della Sub Pop su di un disco di una band italiana... Come avete vissuto il passaggio all'etichetta di Seattle? Ce ne raccontate i retroscena? A quale band del catalogo Sub Pop vi sentite più affini?
Ovviamente è stata una cosa molto emozionante, nata dall'interesse che siamo riusciti a suscitare all'estero con i nostri album. Fondamentale è stata la ristampa dei primi due album in doppio cd per l'etichetta australiana Lexicon Devil, questo ci ha consentito di avere una discreta distribuzione negli USA. Infatti è proprio quel cd che è finito nelle mani di Sub Pop, senza che noi lo spedissimo.
Ci hanno contattato perché erano affascinati dalla nostra musica, ci hanno chiesto se avevamo altro materiale e noi abbiamo spedito dei demo con alcuni provini…sono piaciuti, l'interesse è cresciuto fino all'offerta del contratto. Il catalogo Sub Pop lo stiamo scoprendo ora, mi sembra molto vario e questo è l'aspetto più interessante. Devo ancora ascoltare il nuovo di Low e Sleater Kinney, come non ho mai sentito i Postal Service che sono il gruppo del momento.
Quelli che mi piacciono di più sono gli Shins anche se non vedo una grande affinità. Anche alcune cose dei Comets on fire mi piacciono, ma complessivamente faccio fatica a digerire l'intero album…
Siete in fin dei conti una band giovane, eppure praticamente da subito vi siete aperti ad una dimensione internazionale (cosa che molte band italiane, dopo anni e anni di attività, stentano a fare): è una cosa che avete cercato, un obiettivo che vi eravate prefissati o quest'attenzione dall'estero per i Jennifer Gentle ha colto anche voi di sorpresa?
Semplicemente abbiamo sempre pensato che le cose che succedono all'estero siano più eccitanti di quelle che succedono in Italia, dove tra l'altro abbiamo avuto qualche difficoltà a far circolare la nostra musica.
Fin da subito invece fuori dall'Italia, soprattutto negli USA, abbiamo trovato maggiore attenzione e più capacità ricettiva nei nostri confronti. Non ci è capitato insomma di dover spiegare perché suoniamo così.
Avete suonato con Makoto Kawabata, e nella vostra musica sono chiari i riferimenti alla psichedelia 60's: vi sentite un po' dei pesci fuor d'acqua, nell'attuale panorama "indie" italiano, dove i riferimenti musicali delle band spesso non comprendono niente di antecedente ai Sonic Youth, o sono comunque piuttosto distanti dai vostri?
Non penso che le classificazioni siano importanti, se non per dare dei riferimenti quando si recensisce o si discute di musica. Mi piace piuttosto pensare che ciò che accomuna siano le capacità espressive a prescindere dai codici estetici.
Per quel che ci riguarda, pur avendo una predilezione per la psichedelia, sono molte le cose che ci piacciono, anche più recenti. Quello che ci interessa è lo spirito, la capacità di comunicare qualcosa, di stupire, di sperimentare, a prescindere dagli anni '60 e dalla psichedelia.
"Valende", a parte un paio di episodi, sembra essere un disco dai toni piuttosto scuri...o mi sbaglio? Avete forse messo un po' da parte il vostro lato più "spensierato"?
L'idea era quella di creare un percorso dall'interno più scuro e destrutturato verso l'esterno più costruito e pop. In realtà, anche negli album precedenti, i pezzi più spensierati erano dotati di una certa ironia macabra…in sostanza non c'è una netta spaccatura tra i pezzi apparentemente più scuri e quelli più "spensierati", ci piace essere contraddittori e ambigui, inserire elementi di inquietudine nei pezzi più pop…la coda di "Universal Daughter", le risatine di "Nothing makes sense"…noi le concepiamo come elementi di disturbo e contraddizione…
La sperimentazione free-form di pezzi come "The Garden pt.1" e il vostro lato più melodico: sono due facce della stessa medaglia, o rappresentano rispettivamente le due anime musicali di Marco e Alessio?
Sono le due facce della stessa medaglia, come ti spiegavo sopra. C'è totale comunione di intenti tra me e Marco. Il lato strettamente compositivo è in mano a Marco, insieme arrangiamo i pezzi e proviamo le varie possibilità.
Sarete in tour negli States (dove, comunque, siete già stati a suonare). La maggior parte dei musicisti americani dicono di trovarsi molto meglio a suonare dal vivo in Europa...voi che ne pensate? Che vi aspettate da questo tour?
Probabilmente perché quando arrivano qui sono serviti e riveriti. Non lo so, la nostra esperienza è troppo limitata per avere un'opinione definitiva, comunque quando abbiamo suonato a New York ci siamo trovati benissimo.
Il tour lo affrontiamo come un'esperienza di vita che ci può far crescere, anche se siamo consapevoli che oltre ad un bel giro può rappresentare un'occasione per fare il definitivo salto di qualità. E' abbastanza evidente, parlando con Sub Pop, che la promozione aiuta ma alla fine la cosa fondamentale è portare la propria musica in giro, città per città.
In "Valende" si ascoltano qui e lì dei suoni davvero assurdi....quali sono gli strumenti più bizzarri che avete usato per la registrazione del disco?
Abbiamo avuto molte soddisfazioni da un organetto ad aria Bontempi. Le cose più strane forse sono state l'assolo di palloncino, la mannaia e le catene…

Daniele Lama

 
 
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