RED HOUSE BLUES REVUE
UN GIORNO DI ORDINARIA… RIVOLUZIONE


Il nome fa molto "America", sì, ed è ciò a cui sono solite rifarsi quelle produzioni marcate da un sound corposo, "sanguigno" e spesso ben affiliato alla tradizione musicale - blues, appunto - del nuovo continente. In parte è anche questo il caso, ma i distinguo sono dovuti.
Innanzitutto RHBR è un progetto prevalentemente italiano, con David Lenci, produttore - di casa al Red House studio di Senigallia - e in misura minore musicista, e un manipolo di adepti del rock, sempre "indigeni", a tessere le fila del discorso. Epperò della partita è anche Sean Meadows, ricordabile da non pochi per le "gesta" dei June Of 44 (quando il post-rock era ancora un "azzardo" di pochi sperimentatori). Presenza questa di sostanza, e non solo di impreziosimento, sì da fare dei RHBR una sorta di joint vetnure tra due mondi distanti, eppure vicini quando c'è il rock di mezzo. Ma, riguardo al nome, meglio andarci piano con l'etichettarla come "americanata".
Alla densità di un sound impostato su coordinate stoner-"detrotiane" e su una registrazione avulsa da pulizia e ingentilimenti di sorta, fanno da contraltare le geometrie di quel sound nuovo-non più-nuovo, ma men che mai "tradizionale".
Si chiamava post-rock, per l'appunto, e credo si faccia chiamare ancora così, anche se si è restii a mandarlo a dire troppo in giro. Resta questo sound che fa da intrigante anello di congiunzione tra due modi - viscerale e cerebrale - opposti di intendere il rock, a firma di un progetto che, giungendo con "Essential Ordinary Revolutions"
(ne saprete di più su http://www.freakout-online.com/re_view.asp?id=208) al suo secondo capitolo, pare seriamente intenzionato a non rimanere nel precario limbo dei side-project una tantum.
David Lenci dixit…

"Essential Ordinary Revolutions": RHBR capitolo 2. Un passo in territori nuovi, oppure la logica continuazione di un discorso intrapreso nel debut album?
Direi entrambe le cose. In the stoner house che apre il disco è l'anello di congiunzione tra le jam del primo e la canzoni del secondo, ed è lo spirito della jam che continua ad aleggiare per tutto il disco.
Personalmente credo che abbiamo trovato il modo di aggiornare la psichedelia mantenendone intatto lo spirito e gli ideali che ne sono propri. Per esempio per quanto mi piacciano lo stoner e la psichedelia non riuscirei mai a suonarli in senso stretto, per me sarebbe un po' venir meno a quello sperimentare che è l'anima di entrambi
Sean Meadows, nella sua inevitabile associazione ai June Of 44, sembra il classico "colpaccio" - quanto al suo coinvolgimento come pedina fondamentale di questo progetto. Come l'avete incontrato, e soprattuto convinto a farsi vivo sul suolo italico?
Oltre a tante altre cose ho fatto due tour europoi con June Of 44 durante i quali ho stretto amicizia con tutti loro e in particolare con Sean e non ho avuto bisogno, ne volevo, convincerlo a venire, gliel'ho semplicemente chiesto allo stesso modo con cui potrei chiederlo a chiunque.
Se per Load Up records è presumibile una connection con David Lenci - residenza a Senigallia per entrambi -, nulla ci è noto della Lake records - se non che è di Bracciano…
(risponde Fabrizio Scarafoni della Lake records) Lake records è una giovane etichetta indipendente che sta di casa a Bracciano, sull'omonimo lago in provincia di Roma. Finora ha prodotto tutti e due i dischi dei vicentini Vibra e sta terminando i missaggi del disco d'esordio del percussionista ivoriano Jack Tama. Ha anche prodotto due edizioni del Rockness music festival. Da un anno collabora assieme a Load Up per tutte le produzioni musicali dell'etichetta senigalliese, in vista di una imminente fusione delle due label.
L'attività di David come engineer/fonico deve aver contribuito non poco alla sua linfa creativa. Ma, al contempo, non c'è, per questo stesso motivo, il pericolo di sviluppare un sound eccessivamente condizionato da chi per cui si fa un tale lavoro?
Di sicuro lavorare continuamente con persone diverse da molti stimoli ma è una cosa normale per chi lavora nella musica è la stessa cosa che ti succede quando suoni con persone che hanno avuto, grazie a Dio, un percorso musicale diverso dal tuo. Il talento è, anche, saper miscelare le dosi. Amo un certo modo di fare i suoni ma non ne sono legato. Primo perché la mia storia di musicista ha radici ben più lontane, in secondo luogo non mi sembra che il sound della band assomigli a qualcun altro.
Nell'emancipazione dai canoni post-rock (attraverso una registrazione non pulitissima) e stoner (sound non eccessivamente granitico), "Essential Ordinary Revolutions" genera una felice convergenza tra questi due generi, nel segno però di certa ruvidezza da detroit-punk. Sentite la compresenza di questi 3 cardini nel vostro sound? Quanto è forte, inoltre, il denominatore blues richiamato dal moniker?
Direi che si può fare anche se non l'abbiamo mai pensata in questi termini, aggiungerei un legame all'acid rock californiano. Riguardo al blues il nome della band è chiaramente ispirato allo studio ( Sean ha voluto così ), personalmente per me è un richiamo preciso al pezzo di Hendrix e il blues come forma è inevitabilmente presente come lo è in tutto il rock, e questo è un dato di fatto.
Ci sarà un modo perché "Essential Ordinary Revolutions" sia distribuito anche all'estero? Meadows a parte, mi sembra che il disco possa avere un buon appeal anche oltreconfine…
Abbiamo dei contatti che stiamo sondando ma è troppo presto per parlarne.
Detto dei "soliti noti" (Meadows & Lenci) e segnalata la presenza di Fabio Verdini dei Gang all'hammond, resta da dire qualcosa sul "curriculum" di Marco Carlini (batteria) e Masssimo Barbera (basso)…
Fabio è un grandissimo musicista, non suona più nella Gang che ultimamente gli andava stretta. Marco alla batteria e Massimo al basso fanno parte entrambi tuttora dei Laundrette che hanno all'attivo 3 dischi eccellenti di cui l'ultimo pubblicato dalla Suiteside di Monica Melissano. Lucio, la terza chitarra, è un ex-Laundrette ed è grande nell'insinuarsi tra le pieghe delle chitarre mie e di Sean ritagliandosi il suo spazio e contribuendo in maniera determinante.
Alquanto inaspettata - o quanto meno, alla luce di quanto detto, la relativa scelta - è la cover della beatlesiana 'I'm So Tired'…
E' un pezzo che apparteneva al repertorio dei Laundrette, era presente sul loro primo disco, e che abbiamo riadattato a cinque per il live ed è diventato un modo per omaggiare chi al rock ha dato tanto. Non è da intendersi come appartenente all'album ma per quello che è: una bonus track.
Già definito un tour schedule? Ci saranno tutti?
Per metà autunno faremo un tour Europeo, niente di definito, ancora.
Cosa possiamo aspettarci dai RHBR in futuro (da intendersi anche come: ci sarà un futuro per i RHBR)? E, parimenti, cosa vi aspettate voi?
Le difficoltà sono tante per riuscire ad avere tempo a disposizione, di sicuro dovremo definire definitivamente se prendere la strada dell'open project o se chiuderci, relativamente parlando, nella formazione che ha realizzato i primi due dischi. Personalmente mi aspetto di riuscire a fare un terzo disco. Più in là non voglio posare lo sguardo, per ora.

Roberto Villani

 
 
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