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Aspettavo
molto questo disco (sarò molto personale, vi avviso) benchè non
conoscessi affatto Patrick Wolf sotto il profilo strettamente
musicale. Ma sapevo già alcune cose di lui: innanzitutto la giovanissima
età, 20 anni appena superati, e la copertina del precedente "Lycanthropy",
carica di una strana, a tratti inquietante energia, e non solo
per il significato associabile al titolo, ma anche per quel perentorio
bianco e nero e per l'immagine dello stesso Patrick, sospeso tra
la figura del pifferaio magico nel contesto a-storico della città
ritratta sullo sfondo e quella del sans-papier dall'ignoto passato.
E appunto, ad accentuare questo quadro, l'età di Patrick, ossia
la capacità di aver saputo disegnare questo immaginario così intenso
e pieno di ibride suggestioni, avulse tanto dalla solare attrazione
del bello quanto dalla morbosa seduzione del gotico.
Non sapevo, con queste premesse puramente "ideali" e istintive,
cosa aspettarmi da "Lycanthropy", né dal nuovo "Wind in the
Wires", o meglio, non ero affatto sicuro di quanto tali premesse
fossero effettivamente rispecchiabili nel sound di Patrick Wolf,
timoroso di star chiedendo troppo a quello che, pur tenendo conto
dell'esperienza frattanto accumulata e della "fame" di successo
critico, non è che poco più di un 20enne…
PATRICK WOLF - ART-POP
DAL FUTURO
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Come descriveresti il bisogno di libertà espresso in "Wind
in the Wires"? E' una questione che riguarda lo stile o, presumibilmente,
è qualcosa che va oltre la musica? Quando ho registrato
l'album volevo esplorare nuove idee… ed esplorare significa
operare in libertà. Mi sono chiesto come potesse esplicarsi
questo concetto, e le canzoni infatti si configurano ognuna
come una autonoma meditazione sull'idea di liberazione e su
come questa possa essere possibile nella vita di tutti i giorni.
Si tratta quindi di un bisogno che non riguarda solo il modo
in cui fare musica, ma molto più esteso…
Sia il titolo dell'album che quelli dei brani suggeriscono
un'idea di natura e tecnologia che si incontrano… il che è ciò
che si concretizza nel tuo album, o no? L'album è più o meno
strettamente connesso e influenzato dalla location (una baracca
di legno in Cornovaglia) in cui hai scelto di registrarlo?
Più che tecnologia direi, nello specifico, "elettricità e natura"…
il titolo dell'album parla del vento, del suo suono, che viaggia
attraverso l'elettricità. E' un paradosso tra natura e tecnologia
ma anche una base per la comunicazione. Quanto alla location
l'ho scelta in un luogo remoto proprio in funzione di dare voce
all'idea di liberazione di cui ti ho parlato.
Hai scritto, prodotto, cantato e suonato - tutti gli strumenti
- per "Wind in the Wires"… penso sia stato un lavoro abbastanza
lungo da portare a compimento. Ritieni di aver imparato qualcosa
di ciò che hai fatto proprio durante la lavorazione, "in progress",
o sapevi di essere già pronto per questi compiti quando hai
concepito l'album? Ne cambieresti qualcosa ora? Sapevo da
subito di poter suonare tutti gli strumenti, e penso che l'album
sia stato mixato molto bene, lo studio era ottimo e anche l'engineer
ha fatto il suo dovere a modo. Ero fiducioso sul fatto che ne
sarebbe uscito davvero un buon disco, ed è ciò che è accaduto,
insomma quell'idea, credo, si è concretizzata come volevo e
ne sono contento.
Leggo in biografia che hai studiato al conservatorio del
Trinity College… quanto è stata importante quest'esperienza
per il tuo modo di scrivere e suonare musica?
Il conservatorio mi ha dato gli elementi per scrivere musica…
un certo tipo, non certo rock'n'roll. Ecco, l'elemento compositivo
è il frutto di questi studi.
La tua giovanissima età pone la tua ispirazione musicali
in una condizione di rapido sviluppo, quindi mi viene da chiedermi
come guardi ora al precedente "Lycanthropy"…
lo senti come qualcosa non più in linea con i tuoi sentimenti
attuali? Ne sei ancora soddisfatto?
Sono
ancora soddisfatto di "Lycanthropy", è un disco col quale ho
cercato di dar voce ai messaggi e alle esperienze di quel periodo
della mia vita, tra i 16 e i 20 anni, e credo che queste cose
siano tutte in quel disco.
Che mi dici della tua esperienza come Maison Crimineaux,
sperimentale duo noise-punk?
E' stato un periodo davvero liberatorio. Abbiamo fatto cose
assolutamente divertenti, e stupide, ma è qualcosa che a 15-16
anni puoi benissimo permetterti di fare…
Sempre la tua biografia parla di un insolito dono - un set
campionatore-mixer - da parte della Fat Cat quando eri teenager.
Non hai mai pubblicato niente per quest'etichetta, o almeno
"ricambiato" in qualche altro modo? Pensi di farlo in futuro?
No, mai nulla di mio è uscito su Fat Cat. Sto cercando di assemblare
un antologia… materiale inedito del passato che vorrei documentare
e pubblicare, ma comunque non ha niente a che vedere con Fat
Cat, nel senso che potrebbe uscire per qualunque etichetta -
e ovviamente ora non so quale…
Chiudiamo con l'aspetto live della tua musica, quindi con
il portare su un palco tutti i suoni presenti nell'album… farai
ricorso a qualche turnista?
Il mio live set è molto scarno ("stripped down" - faccio sempre
fatica a tradurlo come si deve, ndt)… è difficile ricreare dal
vivo il contenuto dell'album perché molte cose in studio si
verificano quasi per caso. Ad ogni modo sto cercando un modo
per comunicare dal palco, e so che mi occorrono un quartetto
d'archi e un batterista, e mi piacerebbe poterli utilizzare
sul palco. Farò un tour ad Aprile, questo è sicuro, ma non ho
idea di come sarà… probabilmente orientato verso l'acustico.
Bob Villani
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