Ryuichi Sakamoto - Chasm (Ka’+B)

Riesce sempre difficile, e sfido il più critico dei nostri lettori a farlo, trovare le parole adatte e le indicazioni necessarie per esprimersi sul lavoro sviluppato fino ad oggi dal compositore giapponese, arrivato ormai alla sua quindicesima prova solista.
Fondatore e protagonista della Yellow Magic Orchestra, a cavallo degli anni 80’, Sakamoto e compagni contendevano il primato del technopop ai Kraftwerk a colpi di uscite multiple: ben undici in cinque anni. Una carriera fulminea e popolare, che ancor oggi viene legittimamente riconosciuta tra le influenze dei movimenti rave, techno ed ambient.
Per quest’ultima uscita, Ryuichi da sfoggio della grande abilità acquisita nel comporre ed interpretare gli stili e le strutture armoniche più complesse, facendo leva ( purtroppo non del tutto opportunamente, come vedremo) sulla presenza accanto a lui di artisti dello spessore di David Sylvian, Arto Lyndsay, MC Sniper e della ritrovata amicizia con un ex YMO, Sketch Show, ma a differenza delle ultime uscite con i Morelenbaum2, “Chasm” segna il ritorno del maestro Sakamoto alle migliori prestazioni elettroniche.
E che ripresa!
Non fatevi scoraggiare dalle prime note dell’album, quando il noto compositore dimostra ancora il braccino corto ed impastato dagli oleogrammi sonori per i film che lo hanno reso celebre, pur servendosi delle rime di MCSniper trafitte dal glitch; dalla seconda traccia “Coro” in poi, il maestro sale in cattedra, sferzando e trafiggendo l’ascolto dei più timidi con pericolose derive techno-core. Soltanto pochi minuti di assolato equilibrio IDM in “War & Peace” separano dalla perfezione minimale di “Chasm” la quarta traccia dell’album, dove gli studi classici e le tecniche di sperimentazione in delay, trasformano il pianoforte nel più potente dei notebook.
Con “World Citizen- I Won’t be disappointed/looped piano” si ricostituisce in coppia con la voce di David Sylvian, per una composizione dalle caratteristiche familiari e riconoscibili; la stessa cosa non si può dire di”Only love can conquer hate” che procura stordimento e sopraffazione percorrendo i loop che la circondano.
Le tracce successive segnano qualche passaggio a vuoto (Ngo/bitmix su tutte) ma il maestro del Sol Levante si riscatta pesantemente nei minuti conclusivi; prima con “20 msec.”una minuziosa liturgia elettronica, ed infine con “Laménto” struggente ed ossessiva, scandita in primo piano dai rumori di piccoli passi serrati e pagine sfogliate in una tormentata lettura, senza che la partitura minimamente accennata ne violenti l’intimità.
Il disco si avvia verso la fine, un po ingloriosamente, con una versione diversa quanto inutile di “World Citizen” ed altre sortite degli ospiti, accorsi un po precipitosamente nel salotto buon di casa Sakamoto.

g.ancora
(18/07/2005)




 
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